Il Parco della Murgia Materana
Con i suoi ottomila ettari d’estensione, ricadenti nei territori del comune di Matera e Montescaglioso, il Parco della Murgia Materana è il più piccolo Parco Regionale della Basilicata. Istituita dalla legge regionale n. 11 del 1990, l’area protetta è gestita dall’Ente Parco Archeologico Storico Naturale delle Chiese Rupestri del Materano con sede nei rioni Sassi. Geograficamente l’area murgica, perimetrata nell’ambito del Parco regionale, comprende le contrade delle Tufare, la Murgecchia, Murgia Timone, Acito-San Campo, Trasano, il Piano di Trasano Conca d’Aglio, Murgia Alvino, Bosco del Comune, Selva Malvezzi, Bosco di Lucignano, l’Annunziata, Selva Venusio, Murgia Sant’Andrea, Lamaquacchiola, Agna-Ofra. Ad ovest della città di Matera, il perimetro del Parco corre su di una ristretta fascia lungo il corso della Gravina di Picciano che, partendo daIl’ omonimo colle giunge alla confluenza del fiume Bradano ove si allaccia all’oasi di protezione naturale di San Giuliano. L’ intero areale si presenta complessivamente, ad un primo colpo d’occhio, nudo ed aspro, inciso dalla profonda gravina di Jesce, dai valloni della Femmina, del Prete, delle Tre Porte, della Loe, di Serritello, di Conca d’ Aglio, di San Bruno-Malpasso e resa ostile da scoscesi strapiombi come quello di Tempa Rossa. Ma in questa sua orografia, pure così accidentata, nasconde ampie zone boscate e di macchia mediterranea. Il territorio del Parco ricade in gran parte nella Murgia Materana, altopiano calcareo posto attorno ai 500 metri di quota, propaggine occidentale delle più estese Murge pugliesi.
Dal punto di vista geologico la Murgia è formata da un blocco roccioso costituito da calcari dell’ era secondaria con prevalenza del cretaceo superiore disposti a strati orizzontali o leggermente inclinati, alternati da veli sottilissimi di terra rossa nei calcari più recenti, bruna o nerastra nei calcari più antichi. Un humus ricchissimo che, asportato dalle piogge, colma le “vallatelle” incise nel calcare dalle acque, offrendo terreni fertili sui quali si sono sviluppate le scarse coltivazioni erbacee. Un’ area, la murgica, ricoperta per buona parte da un manto di calcarenite impropriamente detta tufo, composta da sabbioni calcarei più o meno cementati, che rappresentano un ottimo supporto per l’ arboricoltura, consentendo la penetrazione alle robuste radici. Nell’area del Parco, per la natura stessa dei terreni, scarsi sono i corsi d’acqua superficiali. Il torrente Gravina di Matera costeggia il lato nord – nord est della città, il torrente Gravina di Picciano, scorre ad occidente lungo le ultime propaggini murgiche come un vero e proprio limite di confine con le terre bradaniche ed il torrente Jesce, che percorrendo l’ omonima gravina, alimenta, nel suo tratto terminale, un ampio bacino incavato nella roccia chiamato in gergo dialettale “Jurio”, ossia gorgo. Un laghetto di acqua perenne che consentiva, nei tempi andati, nei periodi di penuria delle sorgenti tradizionali, il rifornimento idrico di una buona parte della città. L’area sottoposta a tutela dell’ Ente Parco, ha una grande valenza naturalistica-vegetazionale. Giuseppe Gambetta e Piero Medagli, due eminenti studiosi della flora locale, hanno censito oltre 900 specie botaniche, cioè circa un sesto dell’intera flora nazionale e un terzo di quella regionale: un numero ragguardevole per un’area di circa 8000 ettari di superficie.
Il territorio può essere diviso in tre sistemi principali: area del bosco, area della macchia e gariga, area della steppa. Nella vegetazione spontanea che ricopre la Murgia, limitata è la superficie boscata, un’ area pari a circa il 12% del territorio destinato a Parco (intorno agli ottomila ettari). Attualmente solo nelle “gravine” e nelle “lame” sopravvive qualche residuo della originaria flora e fauna, scampata alla distruzione totale grazie soprattutto alla difficile accessibilità dei luoghi. Formazioni arboree si trovano in alcune zone non ancora compromesse dal processo di trasformazione operato dall’uomo. I boschi che potremmo chiamare storici, erano composti prevalentemente da Fragno, Roverella e Leccio con esemplari di Olmo, Acero ed Orniello. Ne sono rimasti pochi lembi, di estremo interesse dal punto botanico-forestale ed ambientale, localizzati nelle contrade di Lucignano, Bosco del Comune e Difesa San Biagio, quest’ultima in agro di Montescaglioso. Il diradamento della vegetazione boschiva ad opera dell’uomo ha dato vita, nel corso dei secoli, alla tipica formazione della macchia mediterranea, formata prevalentemente da specie arbustive e arboree termofile o termomesofile, che ricoprono buona parte dell’area protetta. Le specie più comuni sono il Lentisco, la Fillirea, il Biancospino, il Ginepro, il Pruno selvatico e l’Oleastro. Dove il suolo è roccioso la macchia lascia il posto alla vegetazione discontinua a cespuglio basso: la gariga o pseudosteppa, che presenta aspetti multiformi. La steppa rappresenta lo stato di massimo degrado vegetazionale ad opera dell’ inconsulto comportamento dell’ uomo, donando al paesaggio l’aspetto desolato e desertico tipico, oggigiorno, della Murgia. Essa è costituita da erbe xerofile rustiche e resistenti ai repentini sbalzi termici. Le specie maggiormente rappresentative sono l’Asfodelo e la Scilla, il Timo, il Lino delle Fate Meridionale, essenze che caratterizzano fortemente il paesaggio steppico. La presenza di un ampio ventaglio di habitat nell’ area protetta favorisce la diffusione di una fauna molto ricca e variegata. Tra gli arbusti della macchia mediterranea e nelle residue aree boscate vivono Istrici, Faine, Volpi, Tassi, Ricci, Cinghiali e numerose specie di rettilli ed insetti. Tra gli uccelli, presenti con un numero significativo di specie soprattutto nelle aree meno percorse dall’ uomo, è d’ obbligo citare il Falco Grillaio, simbolo del Parco ed altri rapaci che nidificano sulle rupi scoscese della Gravina: Nibbi, Poiane, Gheppi, etc. E’ significativo che il Capovaccaio, l’avvoltoio sacro agli Egizi, in via di estinzione in Italia abbia scelto il territorio del Parco con due sole coppie di esemplari ai fini riproduttivi. Tra i piccoli passeriformi che nidificano nel territorio del Parco, il Passero Solitario è senza dubbio singolare, occupa indistintamente siti di nidificazione “urbani” nei Sassi di Matera o negli ambienti rocciosi della Murgia.
Perché visitare il Parco della Murgia Materana?
Il Parco della Murgia Materana è uno scrigno che racchiude tesori inestimabili: sono infatti notevoli le valenze artistiche, storiche, culturali oltre che naturalistiche e paesaggistiche concentrate in questa piccola area protetta lucana. Non di rado Il visitatore che si incammini lungo i sentieri dell’ area protetta può scorgere una chiesa rupestre seminascosta dalla vegetazione o il profilo maestoso di una masseria o di un casino di campagna. Nei luoghi in cui la pressione antropica è ridotta o assente, la vegetazione autoctona ha gradualmente riconquistato i pendii scoscesi delle gravine e gli altopiani murgiani: è un trionfo di colori e di profumi tipici dell’ areale mediterraneo in cui la secolare attività umana raramente ha preso dalla natura più di quanto avesse bisogno per il suo sostentamento. L’uomo ha popolato la Murgia sin dai tempi preistorici, con stazionamenti risalenti al Paleolitico e al Neolitico. Tra gli insediamenti risalenti all’ “età della pietra antica” la Grotta dei Pipistrelli è di certo il più interessante e stimolante per il fascino che esercita, ma non bisogna dimenticare i siti localizzati nelle contrade Pietrapenta e S. Martino, nella Murgia di S. Andrea e presso S. Lucia al Bradano e Serra di Monsignore, in parte ancora inesplorati. Ampiamente rappresentato il Neolitico, con i villaggi trincerati di Murgecchia, di Murgia Timone, di Trasanello, Serra D’alto, Tirlecchia, spesso frequentati anche nelle età successive. Numerose testimonianze di queste fasi si conservano presso il Museo Nazionale “Domenico Ridola” a Matera, mentre testimonianze del periodo greco (VIII-VII secolo a.C.) e romano (dal III a C.) affiorano più numerose sul versante di Montescaglioso, l’altro comune i cui territori ricadono entro i confini del Parco. Lungo il corso del Medioevo fenomeni di carattere socio-economico e religioso si sovrappongono e amalgamano tra di loro lasciando significative tracce sul territorio: iazzi e caciolai costruiti dai pastori, avucchiare (incantevoli giardini terrazzati ricavati sui fianchi scoscesi della Gravina), villaggi rupestri scavati nella roccia con tanto di sistema di canalizzazione e raccolta delle acque meteoriche. E poi le chiese rupestri, con il loro imponente corredo di affreschi conservatosi, spesso intatto, con dipinti databili a partire dal IX-X secolo e rappresentativi della cultura longobarda, bizantina e latina-occidentale. Nei secoli successivi lo sfruttamento cerealicolo-pastorale del territorio determinerà la realizzazione di masserie, spesso mirabilmente integrate con iazzi, sistemi di canalizzazione, vasche di decantazione e cisterne per la raccolta delle acque, mentre a partire dal XVII secolo, in concomitanza con l’espansione sul piano della città di Matera e la costruzione dei grandi edifici ecclesiastici, vennero aperte gigantesche cave di “tufo” nelle aree esterne alle cinte urbane, oggi quasi del tutto Abbandonate.
Sono dunque queste e tante altre ancora le ragioni per visitare il Parco della Murgia Materana, senza lasciar nulla se non l’impronta del proprio piede, e senza portar via altro che immagini e ricordi.
A cura di Mario Tommaselli
Tratto da “Il Parco della Murgia Materana. Guida all’escursionismo” di Mario Tommaselli
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